Ad aprile abbiamo partecipato all’evento online “L’ortofrutta nello scenario post Covid: come sono cambiati imprese, mercati e consumatori dopo un anno di pandemia” promosso e organizzato da CSO Italy e Nomisma.
Il 2021 è stato proclamato dalle Nazioni Unite anno internazionale di frutta e verdura ma paradossalmente nel mondo più del 50% della popolazione è in sovrappeso ed il problema dell’obesità si riscontra in 1 persona su 4. Anche in Italia il problema è grave, affliggendo circa 25 milioni di persone, di cui il 25% under 18.
L’obesità è un fattore di rischio comportamentale che riduce l’aspettativa di vita ed è legato a problemi metabolici, problemi ambientali/occupazionali e problemi comportamentali (dieta sbagliata, abuso di sostanze alcoliche e bassa attività fisica).
Da un'indagine di mercato fatta da Nomisma su 1500 responsabili d’acquisto, emerge che la salute per gli italiani è un requisito fondamentale per essere felici e l’81% degli intervistati afferma che la prevenzione è la migliore cura. Frutta e verdura sono quindi un alimento che, per eccellenza, rispecchia un comportamento alimentare salutare e ricco di sostanze preziose per la salute (fibre, vitamine e sali minerali).
Di fatto il 90% degli italiani (contro il 67% degli europei) consuma 2-3 porzioni di frutta e verdura ogni giorno: verdura come contorno ai pasti principali e frutta negli spuntini. Se predisponessimo una hit del consumo di ortofrutta nell’UE28 avremmo che l’Italia sarebbe al primo posto per consumo di frutta ed al terzo posto per il consumo di verdura.
Ma su cosa basano, gli italiani intervistati, le loro scelte? Il 56% ricerca prodotti ortofrutticoli che diano garanzia dell’origine o del processo produttivo (chilometro zero, biologico, DOP e IGP) prediligendo l’italianità e la stagionalità.

Nel 2020 durante il periodo pandemico gli italiani hanno scoperto o potenziato l’acquisto online per ragioni legate alla sicurezza e alla riduzione del rischio di contagio, riducendo drasticamente gli acquisti nei mercati rionali e prediligendo il prodotto ortofrutticolo fresco confezionato, forse per questioni di tempo, forse per paure legate alla maggiore esposizione dei prodotti. Ecco che gli italiani rispetto al 2019 fanno maggior attenzione:
- alla qualità del prodotto legata ad un marchio di origine, legata alla stagionalità
- alla riduzione dello spreco (mangio ed utilizzo tutto quello che compro)
- alla tipologia di offerta, ovvero fresco rispetto al surgelato.
Interessante quindi eseguire una digressione sul materiale che costituisce la confezione del prodotto ortofrutticolo sottolineando che, nel corso del 2018, in Italia il consumo di confezioni ammontava a 222 chilogrammi pro-capite contro i circa 160kg pro-capite di frutta e verdura consumati. Nel 2020 le confezioni vendute sono aumentate del 5,2% rispetto all’anno precedente.
I materiali per il confezionamento vengono utilizzati in primis per l’acqua, ma al secondo posto troviamo proprio l’ortofrutta.
Molti degli intervistati si dicono interessati e coinvolti nell’indirizzare nei prossimi 12 mesi l’acquisto di prodotti alimentari contenuti in imballi più green, non rinunciando alla confezione, la quale rappresenta per il consumatore protezione del prodotto e veicolo di informazioni importanti (etichetta, modi di utilizzo, certificati e garanzie, ecc…). L’imballo è quindi importante sia per la conservazione del prodotto, sia per la comunicazione, ma i materiali con cui prodotta dovranno essere più sostenibili, evitando over-packaging.
Il consumatore italiano ha anche potenziato nelle sue scelte l’acquisto fatto direttamente dal produttore e crede che, alla fine del periodo legato alla pandemia, l’interesse per il prodotto italiano rimarrà molto alto, prediligendo il prodotto stagionale, nazionale e locale.
Infine, l’indagine Nomisma sulle imprese ortofrutticole, che ha coinvolto una campione di 40 aziende, evidenzia la capacità di resilienza del settore ortofrutticolo in un contesto di eccezionale gravità, sia per effetto della pandemia che degli impatti negativi sulla produzione dovuti ad eventi climatici e avversità fitopatologiche (che hanno coinvolto oltre il 70% delle aziende). Le imprese sono state sempre attive, anche durante il lockdown, ed hanno prontamente adottato tutte le misure necessarie per evitare il contagio, nonostante le maggiori complessità organizzative (registrate dal 70% delle imprese del campione), la dilatazione dei tempi (55%), la minore efficienza del lavoro (60%) e conseguentemente l’incremento dei costi (65%).
Le imprese si preparano ad affrontare un nuovo scenario post-Covid intercettando le nuove esigenze del consumo e pianificando il rilancio nei prossimi due anni, con attenzione soprattutto all’ampliamento ed alla diversificazione dei mercati esteri (azioni pianificate nel 38% delle imprese), alla transizione ecologica nei sistemi produttivi e nel packaging (33% rispettivamente per confezioni più ecosostenibili o riciclabili e adozione di pratiche a maggiore sostenibilità ambientale), al confezionamento del prodotto fresco (31%) ed alla transizione digitale dell’industria 4.0 (23%).
Concludendo e prendendo ad ispirazione gli interventi di Claudio Mazzini, di Coop Italia possiamo dire che:
Nel 2020 durante il periodo pandemico nel comparto ortofrutticolo si sono accelerati alcuni comportamenti, che prima davano lenti segni di crescita:
- Tema del confezionato: la richiesta di ortofrutta confezionata, nel 2020 è aumentata di 10 volte rispetto al 2019, perché la confezione dà un senso di sicurezza alimentare maggiore, è veloce da prendere (già pesato) ed è facile da riporre nel carrello. Ma serve migliorare la sostenibilità degli imballi nel senso stretto del termine, non solo pensando alla modifica del materiale, ma utilizzando metodi concreti di recupero, riutilizzo ed infine riciclaggio.
- Polarizzazione dei consumi: la pandemia ha distorto il potere di acquisto:
- molte persone sono in cassa integrazione, hanno quindi ridotto il potere di spesa
- altri facoltosi, abituati a viaggiare e mangiare al ristorante spesso, si sono trovati ad avere maggior potere di spesa da ridirezionare sull’alimentazione.
I primi hanno dovuto ricercare delle economie di prezzo nei prodotti alimentari, i secondi hanno scelto prodotti alimentari molto costosi, di elevata qualità e certificati.
- Il timore della propagazione del contagio ha modificato sostanzialmente i luoghi ed i comportamenti di acquisto; se da un lato già negli anni scorsi la frequenza agli ipermercati era in diminuzione, con il Covid-19 si è azzerata, ricreando lo spazio per i negozi di prossimità, in cui la gente può recarsi a piedi senza incorrere in affollamenti.
Nello studio condotto da Coop Italia emerge quindi una nuova segmentazione dei consumatori. Essi si dividono in 4-5 tipologie che vanno da quelli “
main stream” a quelli “
low price” che si rivolgono a diversi canali:
- discount, o meglio definito supermercato semplificato: scelto dai più;
- negozio di prossimità: che quando torneremo ad una nuova normalità dovrebbe stabilizzarsi come scelta seconda;
- e-commerce o on-line: continuerà a crescere, ma bisogna risolvere il problema “dell’ultimo miglio” per non inciampare in un nuovo caporalato e una nuova fascia povera.
Se vogliamo quindi descrivere la modifica dei consumi e captare/assecondare il cambiamento dobbiamo avere visione che on-line ed off-line si sosterranno a vicenda, diventando uno parte dell’altro. Il consumatore non farà più distinzione se fare la spesa davanti al pc o davanti allo scaffale, ma vorrà certamente essere più vicino a casa ed avere una scelta di prodotti che soddisfino le nuove tipologie di consumo.